C’era
una differenza fra l’alto e il basso. Una qualità del pensiero.
Un livello delle idee. Quanto era più vicino al cielo, tanto più
le storie si rincorrevano, l’una dietro l’altra, farfalle
che si inseguivano fuori dalla sua testa, salendo verso le nuvole.
Quando
comprese che doveva sostituire un silenzio a un altro silenzio —
ché era l’unico modo —, tristezza e felicità
si fusero insieme. Rassegnazione, pensò. Forse è
questa la rassegnazione. Così
si spalancarono le segrete della torre dei criminali, del luogo più
odioso e temuto di quel paese arretrato, dalla giustizia crudele. Ma anche
del luogo più in alto di tutti. Per un periodo di tempo che dipendeva
dal verdetto, la società esponeva il reo dei delitti considerati
più biechi alla solitudine di quel pinnacolo scabro, esempio visibile
da qualsiasi punto — anche per leghe e leghe al di là dei
confini.
Prima di essere condotto alla morte (neanche della pena sappiamo, ma è un dettaglio altrettanto superfluo) l’uomo, l’inventore di storie finalmente vicino al cielo, scrisse pagine e pagine. E volti, e parole; emozioni, dolori, piaceri. Come farfalle i suoi pensieri uscirono dalle feritoie della prigione-vetta. In un girotondo muto giocarono, tra la torre e le nubi. Mentre l’uomo nemmeno quell’attimo ebbe coscienza del nuovo silenzio imminente, della sua prossima fine.
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