Intervista
a TeleVita
di Andrea Menaglia ANDREA
MENAGLIA: STEFANO
VALENTE: Quindi
un secolo importante, perché il Moderno doveva venire, doveva ancora
arrivare, e, nello stesso tempo c’era la Tradizione che pervadeva
gli animi e le teorie (…). Questo perché io credo che il Romanzo come genere narrativo debba avere una molteplicità di voci. Credo nel Romanzo come rete (…) di messaggi, di punti di vista, che possano portare a una conoscenza — una conoscenza che io non sancisco mai in ciò che scrivo: lascio sempre aperta la possibilità a diversi piani di lettura. Almeno questo è il mio tentativo, non so se vi riesca o meno — questo naturalmente sta al lettore dirlo… La
parola al lettore. Devo dire dalle riflessioni e dalla mia critica —
se permette — che io credo che lei vi sia certamente riuscito. Anche
perché — ripeto —, pur calato in un’ambientazione
“fantastica”, come abbiamo detto, e descrivendo un evento
certamente drammatico, il libro è godibilissimo per come vi vengono
intarsiati i tanti personaggi… Sicuramente, perché la mia formazione è linguistica — sono studioso delle lingue e di Linguistica Generale… E infatti ho affrontato… ho tentato di ricreare una lingua fittizia — come fittizia è la cronaca che sta alla base del romanzo stesso —: una lingua che potesse calare il lettore all’interno di un’epoca nella quale esisteva la possibilità di far emergere grandi visioni — come quella del Vascello che sta così, inchiodato sull’orizzonte… Una metafora? Questo vascello io l’ho intravisto — non so se lei è d’accordo — come una metafora di qualcosa che può accadere, di indefinibile, e nello stesso tempo in grado di cambiare la sorte di molte persone… E potrebbe essere quindi anche un presagio per noi, questo Vascello che parte da lontano… Il Vascello è un’immagine che chiaramente si segna come un punto di non ritorno, ma è anche il punto verso il quale si fissa poi lo sguardo dei vari personaggi. Alla fine, ciascun personaggio avrà la sua visione — la mettiamo fra virgolette — del Vascello, e dal Vascello trarrà pure le proprie risposte… Ma il Vascello è sicuramente anche un mostro, un Leviatano del Passato e del nostro tempo — e forse è anche un archetipo… in senso junghiano, se vogliamo… Qualcosa che parte dall’Inconscio… Ecco, senta, tornando al Secolo dei Lumi… Si parla di questa Ragione che però tarda a venire, e nello stesso tempo ci sono tutti i prodromi di quello che accadrà, cioè dell’Illuminismo (anche citando — come è stato ben fatto — l’Encyclopédie francese, Diderot, d’Alembert, Voltaire) che « investirà i fasti impigriti delle anziane monarchie d’Europa ». Il Mondo Nuovo, in poche parole, che stava nascendo, e quello che sarebbe accaduto soprattutto dopo… Sì: soprattutto il contrasto fra il Nuovo e quello che ancora deve essere sviluppato, il mondo che è sentito come antico ma che in realtà noi ci portiamo dentro (…) come coscienza ed eredità in tutte le nostre azioni, come retaggio quotidiano, nei nostri sogni, nei nostri incubi… L’epoca che ho scelto mi dava l’opportunità di approfondire questo discorso, questa metafora. Non so se ci sia riuscito, ma è stata una… avventura. Un’avventura nell’avventura… Ah sì! Dovrebbe essere così la scrittura… E infatti è un bel romanzo, scritto molto bene, anche per lo stile — come abbiamo detto —, e che cattura l’attenzione del lettore anche per i personaggi che escono fuori da questa vera e propria metafora non soltanto sulla vita ma anche sulle cose, sugli avvenimenti… E le volevo chiedere: si scrive per vari motivi (…): per un’esigenza insopprimibile di scrittura o chissà, forse per lasciare qualcosa di tangibile, di importante, che possano leggere gli altri — qualcosa che rimanga, che si perpetui… No, non credo — non mi ritrovo né nell’una né nell’altra delle visioni che lei ha proposto. Io penso che la scrittura sia comunque un esercizio della creatività. Penso che oggi si scriva troppo e si legga molto poco. Credo nella scrittura in quanto ho deciso di incanalare la mia spinta creativa attraverso le parole, le nuove strutture narrative che ricerco sempre (anche questo romanzo presenta una struttura particolare…); però si scrive per coinvolgere gli altri, si scrive per far pensare gli altri — in fondo io credo sia questo lo scopo… E quindi qualcosa di personale, un’esigenza creativa, ma anche la necessità di coinvolgere gli altri… Si scrive — si dovrebbe scrivere — per far pensare… E
sono d’accordo con lei, in chiusura, sul fatto che si scrive molto
— e questo è senz’altro meritorio (e molte volte non
è che si scriva molto bene) —, ma si legge purtroppo assai
meno… [da « Libri Oggi », TeleVita, 21 aprile 2005] |