Premio Athanor per la Narrativa — Edizione 2004
Motivazione

Con il suo romanzo Del Morbo — Una cronaca del 1770, S. Valente raggiunge una perfezione stilistica non usuale, una corposità di suoni e di movimento, di situazioni e di contenuti di rara efficacia. Dotta ma non stucchevole, la sua narrazione assume la struttura classica dell’epoca che introduce, evidenziando capacità introspettive e di ambientazione di non scarso rilievo, ma solo per esaltare una modernità ‘inaspettata’ del riproporsi, la Storia, secondo l’Originario linguaggio dei nostri archetipi. E come non riconoscere, nella misteriosa Nave che incombe, col suo carico di Luce e di Tenebra, l’Arca di Ra o la Nave di Ishtar... Il Grembo notturno che tuttavia porta in sé il Dio Nascosto, il Principio di Tutto? Luminosa e feconda, immanente e salvifica, la Funzione maschile è garante al ripetersi dei nostri atti nel ciclo delle stagioni, epperò ci trascende: è lo Jod che trasforma e rianima la mater(ia). E gli è Dioniso e Sjva, il Medesimo e l’Altro... lo Straniero che irrompe scardinando l’ordine che ci è consueto, ed è insieme l’Albero (della Nave) e l’Axis Mundi, là dove Wodan e Attis, Cristo e Tammuz sono appesi o s’incarnano... Egli è il Sacro, ed il Sacro contamina, perché ogni Sua proiezione equivale alla Sua epifania. Perciò la Nave che Lo conduce è salute e contagio, è la culla e il sepolcro... e tali aspetti si corrispondono, in qualche modo, alle anime ‘passeggere’. Anime che siamo noi, che ci apprestiamo ad accedervi, perché il Viaggio soltanto potrà renderci edotti sull’infermità e sulla cura se il nostro ‘vivere per trascendere’, cosiccome Odisseo, avrà vinto le forze distruttive (l’inconscio) o il regresso all’indeterminatezza. Ritengo, pertanto, per la particolarevalenza simbolica di queste pagine, che leggerne la scrittura non sia sufficiente, finché non giungeremo a leggervi le parole non scritte.

[Luciano Pizziconi, l’Aquila, 19 settembre 2004]

 

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