Del Morbo — Una cronaca del 1770 di Stefano Valente
di Patrizia Vitrugno

« La storia di Lille Havn è, né più né meno, un incidente, un sassolino raccolto o calciato o ignorato dal viaggiatore lungo l’ampio cammino del XVIII secolo ». È la storia del dilagare di un’epidemia ricostruita da un anonimo cronista del 1770. Un viaggio, quello vissuto da questo paesino sul mare del nord d’Europa, ai limiti del mondo, fino alla linea imprecisa in cui mare e cielo si fondono.
(...) Tutto comincia da una donna, la povera vedova di un maniscalco. Il marito, una delle prime vittime del morbo, vaneggiando aveva affermato più volte di essere stato accolto a bordo del Vascello dal suo Capitano, e che costui, « splendido e affascinante come mille soli », lo aveva chiamato perché forgiasse i chiodi con i quali sarebbe stato appeso alla croce. Così, chi entra nel villaggio ha la certezza di essere entrato in una regione giunta ai suoi ultimi giorni, sul punto di scomparire.
« Si avverte nitidamente, nel vento, l’ansia del mare, la sua volontà di straripare e corrodere. Di irrompervi sopra e trascinarlo via ». La storia di un morbo che è anche lo scontro della ragione illuminista con gli ultimi strascichi lasciati dall’oscuro Medioevo. La domanda che attraversa tutto il romanzo, considerato uno dei migliori testi di narrativa pubblicati dal dopoguerra a oggi, è però una sola: chi è che parla nella paura, fra il dolore e la morte?

[da « Il Laboratorio del Segnalibro », n. 19, dicembre 2004]

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