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Tra gli altri, si sono diffusamente occupati dell’Arte di A. P. Valente: Michele Biancale; M. Lolli sul « Lavoro »; Piero Scarpa in diversi numeri de « Il Messaggero » e sulla rivista « L’Istruzione Artistica »; A. Francini su « La Tribuna »; Armida Bragaglia ne « Il Meridiano di Roma »; A. Ponti nella rassegna mensile « Latina Gens »; A. Famea ne « Il Gazzettino di Venezia »; P. de Leonardi sulla rivista « Beauty Parade »; I. Andreini ne La pittura italiana del 1970. Di seguito una selezione di brani.
(…) 
  Nel mondo verde azzurro, al riparo di vortici omicidi di una esistenza corrosiva, 
  è la salvezza. Salvezza che l’umanità ignora e che soltanto 
  qualche privilegiato artista sa ancora scoprire e rivelare. Osservate gli acquarelli 
  di A. P. Valente (…). Nella fresca immediatezza di una pittura sensitiva 
  e sincera, che se Iddio vuole, non ci tiene ad essere incasellata in una qualsiasi 
  “tendenza”; emana da essi una essenza atmosferica reale e fantastica 
  insieme un poco incantata come quella di certe musiche di Grieg; balsamica ed 
  eccitante come un profumo resinoso. Nell’ondeggiare di quei festoni verdi 
  accesi dal sole contro un’ombra d’oltremare, in quegli occhi liquidi 
  che guardano nubi bianche e rosee, in quel tremolio di smeraldi e di zaffiri 
  dove la barchetta remeggiante e le figure umane appariscono immateriali come 
  larve, in quelle montagne che dimenticano il loro tormento e la loro minaccia, 
  ogni apparenza è amichevole e invitante.
  Nel mondo scoperto da A. P. Valente il male si dissolve in tutto quel verde 
  e quell’azzurro e scompare come dietro i veli di uno scenario. Rimangono 
  sole, nel melodioso silenzio, vicino al nostro cuore, la Bellezza e la Pace.
(…) 
  Educato alla ricerca della forma e quindi all’equilibrio prospettico, 
  il Valente non deroga se non per quel tanto necessario che occorre a rendere 
  personale e concreta l’immediatezza dell’effetto pittorico; dando 
  così luogo alla creazione della sua opera (…) sensitiva e sincera.
  
  Vittorio Grassi 
  [titolare della cattedra di Scenografia all’Accademia di Belle 
  Arti di Roma durante gli anni dell’insegnamento di A. P. Valente]
(…) 
  Le suggestive visioni del paesaggio Trentino, nella fluida stesura degli acquarelli 
  di Anton Pietro Valente, fanno sognare il viaggio tra monti e laghi de la bella 
  regione, cara al cuore di ogni artista.
  
  Carlo Siviero 
  [titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti 
  di Roma durante 
  gli anni dell’insegnamento di A. P. Valente]
(…) 
  Artista apprezzato dalla critica e noto fra il pubblico degli estimatori d’arte 
  figurativa, egli si esprime con stiler impressionistico di efficace effetto, 
  immettendosi in una poetica cromatica di chiara marca personale.
  
   Walter 
  Visioli [da « En plen Air 
  »]
(…) 
  È una pittura sensitiva e sincera che non può essere incasellata 
  in una tendenza; fresca, incantata, trasparente, nella quale rifulge lo splendore 
  lirico e lieto della natura ritratta.
  
  A. Famea [dal « Gazzettino di Venezia 
  »]
(…) 
  Opere sgorgate da una pennellata disinvolta, sciolta, felice, con una tecnica 
  ottima.
  I quadri cantano; il colore è filtrato attraverso le sensazioni suscitate 
  da un paesaggio ricco di sfumature delicate, di tonalità nelle quali 
  il verde si sposa felicemente all’azzurro e alla luce.
  
  M. G. Paoli 
  [da « L’Adige »]
(…) 
  Valente possiede la “natura” nel suo intimo, la studia e la trasfonde 
  a noi in personaggi più antichi della terra, arcaici ed attuali al contempo 
  in quanto le sembianze e le movenze fissano millenni di una storia solcata dai 
  venti e dalle tempeste umane.
  Ho visto archi nascosti, paesaggi assurdi di un mondo povero di parole ma carico 
  d’interiorità senza limiti. Studio minuzioso di veraci forme architettoniche, 
  poesie chiare e segrete, visioni di rapporti umani saturi di vivere pastorale, 
  esplosioni di intime lotte dove odii ed amori si equivalgono.
  Questa è l’opera, e l’osservatore ne sentirà la potente 
  carica emotiva.
  
  Armando Decio 
  [da « Il nostro Vivaio », anno X, n. 11, 1964]
(…) 
  Circa l’opera pittorica illustrante i luoghi, eseguita da A. P. Valente 
  occorre dire, forse, che l’artista possiede il sentimento della natura 
  della verità e delle sue forme e dei suoi colori?
  Questo fatto appartiene alla sensibilità spontanea di tutti i contemplatori 
  della bellezza.
  Ma ciò diventa virtù espressiva soltanto quando — come nel 
  Valente — i mezzi naturali si traducono in vocaboli e in verbi pittorici; 
  e si compongono in un prodigio di stile e di linguaggio che, ricreando la natura 
  stessa nell’emozione del narratore, produce, quel fatto sublime che è 
  la viva opera d’arte.
  
  Mario Montesi 
  [vicedirettore generale dell’E.N.I.T.: introduzione alla serie 1a di riproduzioni 
  monografiche di acquerelli Il lago di Caldonazzo, 1964]
(…) 
  Il quale può al tempo stesso mirare alla resa accanita della fiorma con 
  una grafia serrata, incisa e minuta, come nell’“Autoritratto con 
  animali” nel quale il ritratto di se stesso è fuori da ogni velleità 
  decorativa, insistito con un rigore giustificato persino dalla scelta del tipo 
  di animale. Oppure può mirare ad un disegno non grafico ma pittorico 
  (…). Non fermo ad un solo modo d’espressione grafica egli può 
  raggiungere la compiutezza espressiva nell’accurata interpretazione delle 
  forme del disegno di “Animali” segno di puro tocco, diciamo alla 
  De Pisis (…). Nel sentimento del motivo potrebbe sembrare che il Valente 
  ormeggi qualche idealità di Michele Cascella (…). Le vedute “Lavori 
  al porto di Anzio” e la “Chiesa a Capri” potrebbero sembrare 
  fossero nate da quelle contingenze esteriori che giustificano appunto quella 
  curiosa fase della pittura che s’arresta ad un grado di vedute senza giungere 
  al paesaggio (…). In tali vedute l’artista n’evoca modi di 
  incisori passati; ma il richiamo alla vita attuale è dato da quegli accessori 
  i quali non stridono rispetto al motivo principale, ma l’accompagnano, 
  gli tolgono in una parola d’essere una stampa, un documento di costruzione 
  e di demolizione, un aneddoto freddo, un surrogato della fotografia.
  
   Michele Biancale [1964]
(…) 
  Brani magnifici di un creato felicissimo, laghi scoperti in tagli superbi, poesia 
  di montagne, di abetaie, di acque limpidissime, e di riflessi variamente emozionati 
  e profondi.
  Albe e tramonti dai colori che si direbbero surreali, se colui che ha visto 
  quei laghi non vi scoprisse l’emozione a suo tempo provata.
  Vedere una esposizione di acquarelli del Valente, vuol significare godimento 
  degli occhi e dello spirito, in una sequenza panoramica di quanto più 
  interessante, il Trentino e le Dolomiti possano offrire. (…) In Anton 
  Pietro Valente, la fluida stesura contenuta e guidata a tempo, dà la 
  possibilità alla materia di inserirsi, macchiare, cadere rapida per poi 
  svanire o ritornare a macchiare, fondendosi in giochi di colore e creando brillii, 
  trasparenze, palpiti coloristici di un vero incantato. (…) Animali resi 
  con un romantico verismo erudito, saturo di raffinatezze e di forza. Lotte cruente 
  al cospetto della silente natura.
  Sia che il Valente le rappresenti a pastello, tempera, a olio o a punta d’argento, 
  (…) l’artista sa infondere nelle sue opere il canto del sentimento.
  
  Paolo de Leonardi [da « Beauty 
  Parade », 1964]
Nell’arco 
  pittorico del Valente si inserisce un lungo periodo dai chiari contenuti espressionistici 
  che, se pur derivanti da un’analisi intensa del vero “animale”, 
  contengono essenzialmente la ricerca intimista di notevole profondità 
  (…); quei valori “luministi” e analisti che sono chiare risonanze 
  di un ambiente violentato da luce esasperante e radente. Una licenza surreale 
  è presente tra queste opere: LOTTA DI BRADI, cavalli luminosi in un cupo 
  fondale sono corpi avvinghiati che rivivono come emblemi di un mondo allucinato 
  dove i due “personaggi” animali sono irrealtà e brutalità 
  insieme.
  Ma l’opera dell’Artista non si limita alla penetrazione intimista 
  di valori espressionistici: è nel campo degli inchiostri e nei grandi 
  pastelli che troviamo una maggiore analisi figurale ben coerente con il vero 
  naturistico come nel poderoso ed incisivo PASTORE UMBRO.
  (…) il notevole ciclo grafico degli animali trattati a inchiostri e punta 
  d’argento (…) sono profonde penetrazioni analitiche di poderose 
  anatomie animali che potrebbero tradire un pensiero rembrandiano per la loro 
  estrema vigoria segnica.
  Cavalli violenti, trittici di dromedari, macroscopici, animali esotici, dimostrano 
  la ricerca accurata di un artista che, di quella natura che oggi va scomparendo, 
  ha colto l’evidenziazione più esplicita: il “corpus” 
  che lo stesso Leonardo definì: “IMPOSSIBILE ALLO OCCHIO CHE NON 
  LO VEGGA INTERO”. Intero, sta per completezza formale che si identifica 
  nell’essere.
  Umanità intera di una vita parallela all’uomo, quella animale, 
  trattata dal Valente come trasporto interiore verso l’uomo.
  Questi “ANIMALI” hanno dell’uomo l’essenza intimista 
  ed i drammi vissuti da sempre.
  
  Karl Georg Bastel 
  [prefazione al volume monografico Anton Pietro Valente — Animali, 
  Roma, 1973]
Gli 
  ambienti della Campagna Romana dei “buoi dalla pacata faccia”, di 
  una Roma fatiscente e crepuscolare, dei Laghi dolomitici, dell’Umbria, 
  gli sono cari e congeniali, così che, sostandovi, li analizza affidandoli 
  alla sua tecnica grafica trasponendoli su carta o su tela: perché di 
  una analisi intensa e approfondita si tratta, che penetra profondamente il “vero”, 
  rendendone espressionisticamente le forme sensibili. (…) Testimone tra 
  gli ultimi di una natura sempre più minacciata ed in via di scomparsa, 
  Valente ha saputo unire, disegnando i suoi Animali, il lungo esercizio di scuola 
  e l’attenta disciplina alla penetrazione intimista, giungendo alla pura 
  trasfigurazione fantastica. Ha saputo cioè illustrarci il “quotidiano” 
  e donarci il “fantastico” (…).
  
  Aldo Cicinelli 
  [soprintendente per i Beni Artistici e Storici delle province di Mantova, Brescia, 
  Cremona — già direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, 
  Perugia: introduzione alla mostra Il Fantastico e il Quotidiano, Sigillo 
  Umbro, 1989]
(…) 
  La luce del colore, il colore del soggetto, il soggetto del disegno costituiscono 
  l’occasione per A. P. Valente di esprimere il suo “essere”.
  La “veridicità” dei suoi disegni sembra andare oltre al solo 
  piacere dell’occhio e mira ad annullarsi come pittura puramente descrittiva 
  per divenire un frammento di realtà vicina, molto vicina, che, attraverso 
  particolari realistici, nasconde in chiave simbolica la visualizzazione di metafore 
  verbali e di linguaggi interiori.
“… Quando, solo con me, mi avventuro lungo le rive dei laghi, dei torrenti, … mi avviene di essere costretto a dedicare al mio lavoro il minimo di tempo possibile poiché la contemplazione mi obbliga a soste lunghissime. Il richiamo di un uccello solitario, … o il brillio di una sorgente; … parlano al mio animo, costringendo lo spirito per natura irrequieto ad assumere uno stato di grazia… Quando credo di aver raggiunto questo stato suggestivo…; solo allora macchio il mio foglio, solo allora credo di fare bene… qui è tutto”. (A. P. Valente)
(…) 
  L’occhio dello spettatore cade quindi inevitabilmente e si ferma su quella 
  luce: quella luce che anima il soggetto, quella luce che obbliga a vedere l’opera 
  con l’occhio del suo autore.
  
  Tonina Cecchetti [dal catalogo della mostra 
  Anton Pietro Valente — Opere grafico-pittoriche (1920-1970), 
  Sigillo Umbro, 1995]

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